Diritto al lavoro
La tutela reale
È il caso in cui il giudice annulla il licenziamento in assenza di una giusta causa. Il datore di lavoro che nella sede del licenziamento conta più di 15 impiegati, dovrà reiintegrare il lavoratore corrispondendogli un’indennità proporzionata alla retribuzione globale che di fatto gli sarebbe aspettata dal giorno del licenziamento sino a quello della reintegrazione, oltre a questa saranno versati i relativi contributi assistenziali e previdenziali. Il lavorato può comunque chiedere al datore di lavoro di non essere reintegrato in cambio di un'indennità pari a 15 mensilità.
Con la riforma Fornero e la conseguente modifica dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, per i datori che raggiungono la soglia dimensionale dei 15 lavoratori vige un duplice regime sanzionatorio:
In caso di licenziamento privo di giusta causa ovvero di giustificato motivo
In caso di licenziamento inefficace
In caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo
In caso di licenziamento nullo
La tutela obbligatoria
La libera recedibilità
Dimissioni illegittime
Le dimissioni sono una facoltà del lavoratore che deve unicamente rispettare l'obbligo di preavviso che può venir meno, nel caso delle dimissioni di giusta causa, solo in caso di grave inadempimento da parte del datore di lavoro.
Le dimissioni devono venire da una decisione volontaria del lavoratore. Sono illegittime sia le dimissioni date contemporaneamente all’atto di assunzione, sia quelle rassegnate a seguito di minacce o determinate da incapacità di intendere e di volere, di conseguenza tutte queste sono annullabili richiedendo l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Le riforme del c.d. Jobs Act entrate in vigore nel 2016 garantiscono ora la veridicità della decisione del lavoratore, la legge subordina la validità delle dimissioni al rispetto della nuova procedura, che deve essere obbligatoriamente telematica e attuata su appositi moduli resi disponibili dal Ministero e delle politiche sociali attraverso il sito www.lavoro.gov.it e inviata al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente. Le dimissioni rese con qualsiasi altra modalità sono inefficaci.
Condotte antisindacali
Lo Studio Di Dio interviene anche nell’ambito dei comportamenti del datore di lavoro volti ad impedire o a limitare l'esercizio della libertà sindacale, dell'attività sindacale e del diritto di sciopero. La Suprema Corte di Cassazione ha più volte sottolineato l'inconsistenza dell'elemento soggettivo nella condotta antisindacale per la quale é sufficiente il solo carattere oggettivo, prescindendo così dagli elementi intenzionali che possono eventualmente determinare il comportamento in questione.
L'art. 28 della legge n. 300/1970 (cosiddetto Statuto dei Lavoratori) dispone uno strumento celere di repressione di tali comportamenti.
Nelle controversie legate alle condotte antisindacali il provvedimento del giudice, che riveste la forma del decreto, è immediatamente esecutivo. L’opposizione al decreto è attuabile entro 15 giorni davanti al medesimo tribunale che decreta la sentenza in maniera istantaneamente esecutiva.
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